il tram della comasina

venerdì 6 maggio 2016

ERA ORA ......





Con una sentenza pubblicata negli ultimi giorni, la Corte di Cassazione, ha riconosciuto che la norma sull'infortunio in itinere ha efficacia retroattiva. Una buona notizia per migliaia di ciclisti che pedalano ogni giorno sulle nostre strade.
 
La normativa sull'infortunio in itinere per i ciclisti ha visto la sua approvazione all'inizio 2016, inserita nel collegato ambientale alla legge di stabilità 2016 (legge 28.12.2015, n.221). Un passaggio arrivato dopo una lunghissima battaglia portata avanti da tutte le associazioni ciclistiche: a partire FIAB che sin dal 2007 portava avanti la campagna "In Itinere", che fonte di ispirazione per la prima bozza di legge, sino a Salvaiciclisti, che nel 2014 sommerse di richieste l'allora premier Mario Monti affinchè estendesse anche ai lavoratori in bicicletta le tutele già esistenti.

Sino a pochi mesi fa, infatti, l'INAIL non riconosceva un indennizzo a titolo di infortunio in itinere a chi stesse percorrendo in sella il tragitto casa-lavoro. Una visione limitata figlia di un'interpretazione della bici come esclusivo strumento di svago, ben distante dai numeri della mobilità ciclistica che già si registrano sulle nostre strade, specie in tempi di bike sharing sempre più diffusi nelle grandi città. Dallo scorso 2 febbraio, data dell'effettiva entrata in vigore, invece i lavoratori che si recano al lavoro in bici sono sempre tutelati in caso di infortunio: l'utilizzo della bicicletta è riconosciuto sempre legittimo anche in presenza di mezzi pubblici, a prescindere da distanze ed orari e indipendentemente dalla presenza di corsie ciclabili o strade chiuse al traffico. Una vittoria su tutta la linea, cui mancava però ancora un ultimo step: l'estensione di questo diritto a chi avesse subito un incidente prima che la legge venisse approvata. 
 
Questa lacuna pare finalmente colmata dall'ultima sentenza emessa dalla Corte di Cassazione che ha riconosciuto la tutela a un ciclista vittima di un incidente a Livorno nel 2008. La sentenza sostiene che la norma debba essere intesa "in maniera elastica" riconoscendone anche i valori sociali rispetto alla precarizzazione del lavoro e alla sostenibilità e ribadendo l'importanza della "tendenza sempre più pressante nell'ordinamento a favorire l'uso della bicicletta quale mezzo che riduce costi economici, sociali e ambientali". Una normativa dai chiari benefici per la società, dunque, che, proprio mentre in Parlamento tornano ad agitarsi vecchie leggi contro i ciclisti, da oggi è uno strumento in più a disposizione di tutti i ciclisti, anche retroattivamente.
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